
Abbiamo spesso parlato del 1951 come anno della grande nevicata, indicando quello attuale probabilmente al secondo posto dopo quell’evento. Ve lo dico fin d’ora, si trattò di nevicate di rilevanza storica, che lasciò accumuli al suolo anche di 10 metri. Il 1951 è stato di certo l’anno della grande nevicata alpina, e furono interessati tutti i versanti, da quello italiano a quello estero.
A causare così intense precipitazioni fu la formazione di molti sistemi di Bassa Pressione sul Mar Ligure che inviarono aria umidissima sulle Alpi.
Nell’inverno 1950/1951 furono registrate sulle Alpi 649 valanghe. Ci fu la distruzione di almeno 600 edifici e la morte di 279 persone, di cui 46 in Italia, 135 in Austria e 98 in Svizzera.
In Italia il maggior numero di morti in singoli eventi si ebbero a Livigno (7 deceduti), a Canza (6 deceduti) e a Fundres (5 deceduti). Fonte La Stampa, anno 1951.
Questo è un racconto che abbiamo ripreso da un documento pubblicato da Raffaella Zanderigo Rosolo: “La nevicata del febbraio 1951 è un momento della vita della vallata ed è bene farne memoria. Un addetto dell’ANAS che doveva misurare l’altezza delle varie nevicate, registra che nel ‘51 la neve ha raggiunto m. 14,16.
Il 25 maggio si riapre la strada per il Passo di Montecroce – Pusteria. Il 20 marzo, la neve, lassù, al Passo superava ancora i quattro metri. Spuntavano appena le punte dei pali della luce.
I contadini, a varie riprese, aprono la strada per Collesei. Lassù ci sono “li medi” covoni di fieno da portare a valle. Ma dove sono? Non li vedono più. La neve ha livellato tutto oltre i quattro metri.
E per i rifornimenti di prima necessità e la posta? C’è sempre chi sa sfruttare le occasioni.
Con sci e slitta va…oltre il Passo”.
Nevicate eccezionali, sì, ma che si possono ripetere a distanza di anni. Basta solo attendere e facendo di necessità virtù, si impara a vivere l’emergenza, senza luce, comunicazioni, rifornimenti e collegamenti.
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